Carlos Kleiber, il leader insicuro che non voleva lasciare traccia

sabato 23 giugno 2018


Un video in bianco e nero, del 1970, mette in scena un giovane direttore d'orchestra che conoscevo di fama ma che non sapevo fosse considerato dai colleghi il più grande di tutti i tempi: “Carlos senza dubbio, con lui ogni orchestra ha restituito delle interpretazioni che ancora oggi sono dei riferimenti" (dissero di lui Muti, Abbado e molti altri, rispondendo ad un sondaggio che forse a Carlos sarebbe piaciuto poco). Poi guardando quel video capii perché e compresi meglio cosa intendesse dire Sviatoslav Richter, il leggendario pianista russo, che affermò “non ho mai lavorato con un direttore così grande e così insicuro, e mi chiedo come potesse tanto talento convivere con tanta insicurezza.

La storia di Carlos è unica così come la sua capacità di dirigere: figlio di Erich Kleiber uno dei più grandi direttori del XX secolo, fu uno dei pochissimi artisti che superò il padre, cosa più unica che rara non solo nel mondo della musica.

Erich Kleiber osteggiò inizialmente la carriera del figlio, lo voleva chimico –“un Kleiber direttore in famiglia è sufficiente” -ma dovette rassegnarsi quando lo ascoltò dirigere a 24 anni sotto il nome di Karl Keller. Carlos usava uno pseudonimo perché non si sentiva all’altezza del padre. Quando Erich gli disse che aveva talento e lo incitò a proseguire, egli cominciò ad utilizzare il proprio nome. Karl aveva scoperto Carlos e il suo mentore era Erich.

Io invece, come già detto, scoprii Carlos e la sua grandezza in questo video che qui trovate alla fine di queste righe: le prove orchestrali del Pipistrello di Strauss. Tocca fare una premessa a questo filmato: Carlos ha quarant' anni, è in pratica semisconosciuto, ha diretto una decina di concerti ed ora arriva davanti all’Orchestra di Stoccarda, all’epoca prestigiosissima. I professori orchestrali sono in pratica tutti uomini, in pratica tutti più vecchi di lui (anche di molto), molto esperti, riconosciuti tutti a livello internazionale, e non hanno mai lavorato con un direttore così giovane. Carlos si presenta con una t-shirt nera, è apollineo, giovane ed energetico, ambizioso. Ma si muove cautamente, spesso in punta di piedi, si mette al servizio, e "davanti" formalmente ma è "accanto" nella sostanza, domanda umilmente la performance eccellente ma in maniera sempre determinata, tenace, scusandosi per il suo perfezionismo.

Nel video si vede come riesca a dosare l'approccio direttivo con quello supportivo, tenendo sempre conto di chi ha di fronte e partendo sempre dall’esatta consapevolezza di quello che vuole ottenere. Esprime le proprie aspettative con una modalità che sfrutta la metafora e così facendo, coinvolge emotivamente gli orchestrali, chiamandoli a ragionare per associazioni. Non dà infatti quasi mai indicazioni di tecnica esecutiva in senso stretto, ma si focalizza sul risultato che si aspetta, lasciando lo spazio agli orchestrali di trovare il modo più appropriato per raggiungerlo: un coach a tutti gli effetti. “suonate questo passaggio come se sfioraste un braccio senza toccarlo, sentendo prima la leggera peluria che lo ricopre..”. E la famosa insicurezza? La mia opinione (guardando alle varie prove presenti in rete fino alle più recenti, dove era ormai riconosciuto come il più grande) è che fosse una somma di orientamento all'eccellenza e apertura rispetto agli altri, umiltà insomma; Kleiber proprio perché consapevole della sterilità del perfezionismo, aveva l'intelligenza di capire che il solo modo per tendere ad esso, cioè essere eccellenti, era di farsi aiutare dagli altri, domandando, esplorando e questo poteva ai più- soprattutto a quelli non abituati a domandare- sembrare incertezza. Nella leadership questo atteggiamento si chiama apertura alle informazioni e oltra a sollecitare contributi innovativi, ha l'effetto di legare a sé i collaboratori, perché in questa dinamica si sentono essi stessi leader. Era poi capace di far osare, consapevole che, quando chiedeva una performance inedita, occorresse far superare all'orchestra il nervosismo connaturato al timore di sbagliare, attraverso una modalità supportiva, empatica, capace di infondere la vision, di fare "immaginare" il risultato finale. Così facendo, trasformava il nervosismo dell'orchestra in eccitazione, benzina per una performance che ancora adesso è un punto di arrivo. Sul feedback poi era talmente rigoroso, appassionato, responsabile che si curava di restituirlo sempre a livello individuale; arrivò a darne centinaia, tanti quanti erano i componenti dell'orchestra sinfonica.

Un cornista dei Wiener Philarmoniker, disse “Carlos era solito alla fine delle prove lasciare a ciascuno di noi un bigliettino sullo spartito, era un feedback con alcuni suggerimenti di miglioramento, ma non era mai una critica in sè, c’era sempre un elemento di rinforzo, perché sapeva che ci stava chiedendo una performance che non avevamo mai restituito prima. Quel biglietto l’ho messo dentro una piccola cornice appesa in sala e, da quando Carlos non c’è più, lo guardo spesso con gratitudine. Senza Carlos non sarei mai diventato- a detta dei miei colleghi- uno dei più grandi cornisti della storia dei Wiener”.

Prima di lasciarci, chiuso in una piccola casa sulle montagne slovene dove si era ritirato con la moglie ballerina, ebbe modo di dire all’amico Riccardo Muti “Non dobbiamo lasciare traccia, non dobbiamo cioè comportarci scientemente perché ciò accada, dobbiamo semplicemente lavorare per tirare fuori delle buone cose”. Questo era Carlos e la sua traccia, per fortuna, rimarrà per sempre.

Il video ......

https://www.youtube.com/watch?v=-Dy-nGnPSaE&t=159s

 

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